musicoterapia

L’improvvisazione musicale in musicoterapia

Da dove partire per improvvisare col cliente?

Improvvisare in musicoterapia significa porre le basi per una relazione di fiducia tra musicoterapeuta e cliente, al fine di far emergere la creatività e la flessibilità; obiettivi primari e importanti fattori nello sviluppo dell’improvvisazione.

Il modello di musicoterapia basato sull’improvvisazione, richiede una risposta flessibile e adeguata al modo in cui il cliente inizia a fare musica e a usarla come linguaggio assieme al musicoterapeuta. Di seguito, alcune abilità di base da inserire all’interno del contesto dell’improvvisazione:

  • Rispecchiare
  • Imitare
  • Copiare
  • Combinarsi
  • Riflettere
  • Ancorare
  • Sostenere
  • Contenere
  • Holding
  • Dialogare
  • Accompagnare
  • Integrazione

L’improvvisazione con il cliente è il risultato della sequenza di metodi e tecniche delle quali l’integrazione è il processo al quale il musicoterapeuta dovrebbe tendere attraverso un approccio spontaneo. La spontaneità, l’adattamento e la risposta momento per momento al processo interattivo, richiede una flessibilità fluttuante nell’applicazione di metodi terapeutici. Essenziale per il processo improvvisativo è il concetto di “hic et nunc” (qui ed ora). Attraverso l’improvvisazione, l’individuo manifesta la sua presenza e il proprio vissuto.

Ma come può essa testimoniarsi in termini musicali? Attraverso parametri musicali ed elementi sonoro-musicali:

  • Ritmo
  • Melodia
  • Armonia
  • Timbro
  • Durata
  • Altezza
  • Intensità

Vorrei sottolineare, fra questi parametri, quello di partenza e cioè il ritmo. Quest’ultimo sta alla base dell’improvvisazione e della relazione. Esso rispecchia le funzioni vitali e il movimento. Pensiamo al battito del cuore o alla respirazione, oppure ad una corsa o al battito delle mani alla fine di un concerto. Tutte queste attività, possiedono una ritmicità che rivela quanto sia arcaica la natura ritmica dell’essere umano. Queste, rispecchiando funzioni biologiche fondamentali, sono la base per la comunicazione non verbale su un piano primitivo. Il ritmo inoltre racconta lo scorrere del tempo e della vita. Questa alternanza fra un battito e un silenzio, in un’azione narrata, definisce la presenza del tempo e quindi l’esistenza stessa dell’individuo di fronte alla pulsazione della vita. Il motivo per il quale si debba passare dal ritmo per instaurare una relazione è proprio dovuto al fatto che le nostre emozioni e i nostri processi biologici sono fuori dal nostro controllo e l’attribuire loro un’espressività ritmica, ci permette di riconoscerle e di controllarle, suscitando un’intenzionalità comunicativa. L’elemento strutturale del ritmo ci offre una “base sicura” sulla quale poter costruire una relazione e attribuire una forma sonora alle nostre personali esplorazioni e ai nostri sorprendenti mutamenti. Allo stesso modo, proprio perché ogni persona attribuisce soggettive sensazioni passate al ritmo, esso può essere percepito come un’oppressione; come una gabbia troppo stretta nella quale potremmo rimanere intrappolati.

In ogni caso, è essenziale ricordarsi, da musicoterapeuti, che la relazione è nuova e diversa ogni volta e, per quanto il ritmo sia pulsazione vitale dell’essere umano, non per tutti può rappresentare una base sicura e quindi occorre accompagnare e contenere il paziente all’interno di una relazione che miri alla soggettività della persona e della creatività della stessa. Anche per questo, la sintonizzazione tra musicoterapeuta e cliente può manifestarsi attraverso il linguaggio non verbale, con forme espressive non musicali quali: sguardi, sorrisi, gesti o parole che comunichino l’essenza della persona.

Tony Wigram, “Improvvisazione. Metodi e tecniche per clinici, educatori e studenti di musicoterapia”. Ismez Editore, 2011.

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