educatore professionale sanitario, Psichiatria, Psicologia

I disturbi del comportamento alimentare

Con questo breve articolo, oggi vorrei condividere alcune informazioni e riflessioni sui Disturbi del comportamento alimentare (DCA) o Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, come si legge nel DSM-V, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association (APA).

Abbiamo tutti più o meno un’idea di cosa si stia parlando, tecnicamente sono descritti come persistenti disturbi dell’alimentazione oppure comportamenti inerenti l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo e che compromettono significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale. I disturbi maggiormente diffusi sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata.

Senza ammorbarvi con definizioni eccessivamente tecniche, ma cercando di offrire un quadro chiaro di ciò di cui stiamo parlando, illustro brevemente i principali sintomi di questi disturbi.

Una persona con diagnosi di anoressia nervosa applica una restrizione dell’assunzione calorica rispetto alle proprie necessità che porta ad un peso significativamente basso; a questo si aggiunge l’intensa paura di aumentare di peso e un’importante alterazione del modo in cui viene vissuto il proprio peso o forma corporea (dismorfismo).

La bulimia nervosa è invece caratterizzata dalla medesima paura di prendere peso, e quindi dallo stesso desiderio di controllo sul proprio corpo, tuttavia si distingue per la presenza di abbuffate e di condotte di eliminazione. Con questo termine si intendono episodi (ricorrenti) in cui la persona mangia per un determinato periodo di tempo (ed esempio due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore rispetto alla norma, accompagnate dalla sensazione di perdere il controllo durante l’episodio, non si rende quindi conto di cosa o quanto stia mangiando o ha la sensazione di non riuscire a smettere di farlo. Le condotte compensatorie vanno a “riparare” gli episodi di abbuffata; possono essere il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi o l’attività sportiva eccessiva. Anche in questo caso, così come per l’anoressia nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.

Quello dei disturbi del comportamento alimentare è un problema di sanità pubblica di crescente importanza dal momento che, sia per l’anoressia che per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un notevole abbassamento dell’età dell’esordio. In Italia la fascia di età per l’esordio è attualmente 15-19 anni, ma appunto negli ultimi anni si osserva una tendenza ad un esordio sempre più precoce. Questo si associa spesso ad un rischio elevato di danni permanenti, secondari alla malnutrizione, soprattutto perché i tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.

L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono un lampante esempio di sindrome culturale o sindrome culture bound. Infatti, le persone che ne soffrono sono specificamente donne giovani occidentali; si tratta di un disturbo praticamente sconosciuto nelle nazioni in cui la magrezza non è considerata una virtù. Con questo non voglio assolutamente scadere nella semplificazione del “si sta meglio dove si sta peggio”, in quanto produciamo sempre dei sintomi che sono credibili all’interno della nostra società di appartenenza. Tuttavia, mi piacerebbe mettere in luce la complessità del tema che abbiamo di fronte.

La filosofa americana Susan Bordo va oltre all’idea per cui produciamo sintomi credibili nella nostra società, attraverso un parallelismo tra i disturbi del comportamento alimentare e l’isteria del diciannovesimo secolo: come in quest’ultima, i DCA sono molto più frequenti nella popolazione femminile: circa il 90% delle persone che ne soffre sono ragazze o donne. Inoltre, rappresentano un fenomeno culturalmente e storicamente situato, poiché tipico delle società industriali avanzate degli ultimi cento anni circa. Secondo l’autrice quindi la cultura che opera non solo mediante l’ideologia e le immagini, ma anche mediante l’organizzazione della famiglia e la costruzione dell’identità non concorre solo all’insorgere dei disturbi alimentari, ma addirittura li produce.

I sintomi dell’anoressia e della bulimia, che sono, appunto centrati sul corpo, rappresentano un tentativo di “cura di sé” per sviluppare attraverso la disciplina del corpo, un senso di autoefficacia interpersonale; è centrale infatti la dinamica del controllo che si declina nei confronti del proprio peso, dell’appetito, dei pensieri fino alle funzioni stesse del proprio corpo.

Personalmente trovo in questo una forza comunicatrice, forse inconsapevole ma molto molto potente! E’ come se chi ne soffre comunichi al mondo, attraverso un’immagine dirompente il proprio disagio e le proprie difficoltà, e chi si trova come osservatore non può voltarsi dall’altra parte in quanto subisce necessariamente questo grande impatto con l’immagine del corpo dell’altro, che è un’immagine di estrema fragilità, un’immagine che richiama pensieri di forte dolore e di morte.

Bibliografia

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